giovedì 28 febbraio 2013

"Il difficile non è raggiungere qualcosa. E' liberarsi della condizione in cui si é."

E in che condizione sono io? A volte sarebbe utile avere un'etichetta, come quelle delle confezioni di cibo ai supermercati, dove scrivono vita, morte e miracoli di ciò che c'è dentro. Ma per noi poveri, piccoli, stupidi esseri umani non c'è etichetta descrittiva. E permettetemi di dirlo, è un gran casino. Io non so più niente. Avete presente le camere insonorizzate che servono per incidere i dischi? Ecco, a me sembra di vivere in una camera di quel genere. La vita degli altri, il mondo intero scorre là fuori, mentre io vivo la mia vita in modo "insonorizzato", come se fossi in una bolla, e sento tutto ovattato, tranne quello che c'è nella mia testa. No, la mia ossessione non mi lascia mai sola, nemmeno quelle poche volte che accetto l'invito a uscire di qualche mia amica. Dentro alla mia testa è più viva che mai, più chiara di qualsiasi altra cosa. E tutto questo rimuginare, pensare, calcolare calorie, pianificare schemi alimentari quotidiani diventa ancora più struggente in un periodo come questo, di stallo, nel quale il peso non scende e le calorie ingerite aumentano, distruggendo immancabilmente tutte le mie speranze di non superare un certo totale. Come se non bastasse la psichiatra con le sue terapie di gruppo mi invita a rimettermi a tavola insieme ai miei e condividere i pasti con loro. E quando lo faccio che succede?! Mangio quello che non devo, e allora giù con i sensi di colpa. Per fortuna adesso almeno non vomito più. In compenso mastico di tutto, quando mi va, rumino come le pecore per capirci, poi getto tutto nel cesso. Che vergogna, mi faccio schifo da sola. Perché mi sembrano troppe anche le 700 calorie che mangio al giorno quando per la gente sono pazza? Perché il cibo per me ora non è altro che un obbligo, e non più un piacere? 

Ho raggiunto quello che volevo. Ma non mi sta bastando e non mi basterà mai. E stasera ne sono convinta più che mai:non mi libererò mai della condizione in cui sono.

martedì 12 febbraio 2013

Quella voglia di mangiare sempre meno e di sparire sempre più.

Scrivo da dentro al mio letto. Da sotto quelle coperte che sembrano essere l'unica via di fuga, l'unico riparo in serate come queste. Perché stasera é stata proprio una di quelle serate da suicidio (al quale non nego di aver pensato). Non so cosa sia successo. Forse il nervosismo accumulato da tempo, l'insoddisfazione per il mio corpo, per la mia vita, per tutta me stessa, il tutto mi ha portato a scoppiare come una bomba a orologeria. Facevo la mia ora di cyclette e per una cazzata io e mia madre ci siamo azzannate. E io la odio così tanto certe volte anche per il grasso che la circonda. Lo so che é una cosa orrenda anche solo a sentirsi ma é così. E allora con tutto l'odio nei confronti di quel maledetto cibo che quotidianamente mi rovina la vita mi sono diretta in cucina, ho preso tutto il pacco delle fette biscottate e mi sono messa a saltarci sopra riducendole tutte in polvere. COSA SONO DIVENTATA? Sono un mostro che non comprende nemmeno più il valore di quel cibo che persone pagherebbero oro per avere. Sono schiava di una situazione che mi uccide ma di cui non posso fare a meno. Qual é la via d'uscita quando l'unica soddisfazione nella vita diventa il poter osservare allo specchio quelle scapole che si innalzano sulla schiena e quelle vertebre che giorno dopo giorno diventano sempre più visibili? Come le margherite che spuntano dai giardini fertili in primavera, io aspetto che le ossa facciano capolino da sotto la mia pelle. Mentre, al contrario dei giardini, la mia anima diventa sempre più arida.